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 fantasy story

Domenica, 24. Agosto 2008 18:56:41, da kant.51

 

Il negozio era semibuio. Era posto ad angolo tra due strade, esattamente in direzione Nord Ovest, verso il mare, ma questo lo sapevano in pochi. Nelle due vetrine angolari, un po' polverose in verità, era esposta la merce. La luce era fioca, sia di giorno, come se il sole non ce la facesse a penetrare quel grigio-polvere delle vetrine, sia di sera, quando due lampadine giallastre e una piccola abatjour di pergamena scolorita venivano accese. Dentro, scaffali di legno, pienissimi, e un piccolo bancone ovale di legno rossiccio e lucido, immacolato, che strideva vistosamente con il resto del negozio.. Migliaia di faccette buffe si affacciavano dagli scaffali di legno e sembravano osservare con occhi curiosi e attenti il mondo circostante: erano visi di folletti, alcuni anziani, con i nasi rossi e i capelli ispidi e grigi, altri teneramente giovani, le delicate orecchie a punta, i toni pastello dei vestiti, l'iridescenza trasparente delle piccole ali. " Foresta Incantata" era il nome del negozietto, e vi si vendevano appunto dei portafortuna, statuine artigianali colorate e quanto mai realistiche, rappresentanti gnomi, folletti, piccole fate, tutte le meravigliose creature delle foreste incantate insomma,pochi euro per regalare ... regalare un tocco di magia e fortuna a chi più si amava,e la cosa più incredibile era che quelle statuine variopinte dalle simpatiche fattezze attiravano i più allegri e divertiti sorrisi dei clienti,anche se poco prima ombre erano dipinte nei loro occhi adulti di uomini,donne e ragazzi travolti dal ritmo incessante della vita.Impossibile non sorridere,o almeno così credeva il vecchio Jona, che appollaiato su una vasta ma consunta poltrona puntava i suoi piccoli occhi opachi sull'ennesimo folletto,il pennellino stretto tra le dita sicure e rugose,in atto di minaccioso attentato al minuscolo gilè di di gesso. "Rosso o verde,eh?"-domandò Jona alla statuetta muta. In quel momento si udì un fortissimo scampanellio e il nuovo cliente appena entrato sussultò colto di sorpresa:mille e più campanelli erano appesi accanto all'uscio,e lentamente stavano spegnendo il loro tintinnio... Si trattava di un uomo allampanato e dal naso aquilino, pallido di carnagione ma rosso in viso. Sembrava affannato. Jona pensò che stesse correndo da chissà quanto tempo. Inizialmente non sembrò accorgersi del posto in cui era entrato; magari si era catapultato lì per sfuggire qualcosa. Il negoziante decise di far finta di non aver notato quell'uomo dall'aria così elegante e strana allo stesso tempo. Di sottecchi lo squadrò da capo a piedi: indossava un completo grigio e una cravatta viola, portava gli occhiali ed era ben pettinato; dal taschino della giacca emergeva un fazzoletto rosso scarlatto; calzava scarpe di un colore strano e indefinibile, che a Jona sembrò molto somigliante al vomito. Aveva in una mano una ventiquattrore e nell'altra un piccolo oggetto, forse una spilla, di forma triangolare. "Si veste al buio o ha perso una scommessa?" fece Jona con noncuranza alla statuina. I suoi genitori erano stati pescatori una vita intera, e lui aveva ereditato da loro i modi rustici e schietti tipici di quel borgo marinaro. Ad ogni modo, l'uomo non parve sentirlo. "Lei naturalmente non mi conosce" disse l'individuo, ancora affannato. "Per fortuna no" ribattè Jona. "Questo vuol dire che dovrò spiegarle alcune cose... Mi ascolti attentamente, la prego." Il negoziante non si mosse. L'uomo fece allora per parlare, quando da dietro il bancone un forte rumore scosse l'aria... Dallo scaffale più alto, tutte le statuine erano rovinosamente precipitate a terra e giacevano una sull'altra in un groviglio colorato.. Jona sussultò, temendo danni e, con una insospettata agilità, corse a raccogliere le decine di folletti che erano cadute a terra. L'uomo si avvicinò con uno sguardo proccupato e cominciò ad aiutare il vecchio che, dopo averlo guardato fisso per un momento, con gli occhi semichiusi, assentì dicendo: " Intanto mi potrebbe anche spiegare...! perchè...non sono cadute da sole queste statuine, vero?"... L'uomo scosse la testa in segno di diniego. " Mi chiamo Delus, della stirpe di Formigine" Jona provò un brivido lungo la schiena. " L'elfo maledetto?" sussurrò. Delus annuì e abbassò la testa. Il vecchio sapeva bene la storia, chissà quante volte ne aveva sentito raccontare, magari a voce bassa e un po' timorosa, magari nelle sere d'inverno piovose ululanti di vento, seduti accanto al fuoco, come usava una volta...

                               FORMIGINE

La stirpe dei Formigine era la più famosa e antica tra le case degli Elfi, contava una progenie numerosa di condottieri, guaritori, sacerdotesse della Foresta. Marquus e Alinia erano in quell'era fogliare ( così il tempo degli Elfi era valutato )i capostipiti, cioè i membri più importanti e rispettati. Le loro nozze sarebbero state sontuose e vi avrebbero partecipato numerosi i rappresentanti di tutte le Razze conosciute. Nani, Trolls, Elfi Neri, Qurbat( uomini con la coda)... Niobus non era stato invitato. Da quando, ribellandosi, aveva rifiutato obbedienza al Consiglio, era stato bandito, viveva solo ai margini del deserto Nero, si diceva praticasse magia proibita e odiasse tutti gli esseri viventi...Ma per Alinia non provava odio, tutt'altro. Le aveva chiesto ripetutamente di essere suo sposo quando era potente e ricco, lei però aveva rifiutato perchè da sempre innamorata di Marquus. Ora solo il pensiero di lei gli teneva compagnia nella vita solitaria e misteriosa che conduceva nella dimora degli avi, ai margini del deserto. Si arrovellava al pensiero delle nozze imminenti. Non gli era riuscito di uccidere Marquus, troppo ben protetto dai Formigine e troppo amato da tutti per trovare qualcuno disposto a tradire onde favorire le sue trame. Sperava solo nella magia proibita...aveva presso di sè un antichissimo testo segreto, veramente la sua famiglia avrebbe dovuto celarlo e custodirlo, così avevano fatto i suoi padri che glielo avevano tramandato, poichè distrutto non poteva essere, avendo un impenetrabile incantesimo di protezione, ma Niobus aveva deciso, dopo l'esilio, di rompere la consegna: aveva cominciato a leggere, a studiare, ad assorbire...e insieme alle formule e alla magia, il suo spirito aveva subito una trasformazione, ora anelava solo al potere, alla vendetta cieca, al possesso della donna bramata a qualunque costo... Giorno e notte, in preda a una specie di pazzia ossessiva, Niobus leggeva, studiava, sperimentava.Cercava una magia così potente da sottrarre Alinia alla comunità degli Elfi e farla sua. Erano due giorni e due notti che studiava un incantesimo di trasformazione e spostamento. Aveva provato su innumerevoli animali, ma morivano subito dopo la trasformazione. Quindi se avesse pronunciato l'incantesimo su Alinia e l'avesse portata con sè, trasformata in colomba ad esempio, ella non sarebbe giunta viva nel suo castello, sarebbe morta dopo qualche minuto e Niobus non voleva una sposa morta...voleva una donna viva e vegeta, che gli desse anche un figlio magari. A un tratto un'idea sembrò illuminargli la mente: forse la trasformazione in un altro essere organico era troppo complessa per quell'incantesimo...e se avesse provato a trasformare il capriolo in una pianta? Così rimuginando, l'Elfo mise il capriolo tremante in una piccola gabbia di giunco e iniziò a recitare con voce monotona e cantilenante la formula segreta dell'incantesimo proibito... __'As Karay ban elleser fudi han... Imahel kara despus.. '''__ La voce si alzava in toni sempre più forti...la bestiola tremava sempre di più, una sensazione di calore fortissimo avvolgeva la piccola gabbia, a un tratto una luce nera avvolse tutto e si udì uno schianto. Nel silenzio innaturale che seguì la luce nebbiosa si dileguò e una piccola pianta di elleboro apparve al posto del capriolo. Niobus si sentiva esausto, eccitato, pieno di speranza... Si concentrò, giunse le mani, chiuse gli occhi e ricominciò a recitare la terribile formula all'incontrario...ancora il calore, la luce, lo schianto... Il capriolo tremante, ma vivo, riapparve. Il grido di trionfo che Niobus gettò fu udito a grande distanza.